Appena fu sera, e in città si accesero i primi lumi, la mamma disse a Felicino: – Va a letto, figliuolo. A mezzanotte mamma ti sveglierà. Starai a tavola con noi. Verranno i nonni, verranno gli zii. A mezzanotte in punto s’incontreranno il vecchio e il bambino, e si diranno addio.
Il vecchio è l’anno che se ne va, carico di tristezza e acciacchi; il bambino è l’anno che sorge, tutto sorrisi e speranze. Noi saluteremo il bimbo con battimani ed evviva, perché ci porti il bene, perché ci faccia contenti…Su, su, piccolino, va a letto…
– No, mamma, io aspetterò.
– Aspetterai fino a mezzanotte?
– Fino a mezzanotte, sì. Vedrai che non mi addormenterò.
Ma alle venti il sonno lo prese di colpo, e la mamma dovette metterlo a letto, sotto le coperte, perché non avesse freddo.
Più tardi cominciarono a giungere i parenti: i nonni, gli zii, due vecchie cugine della mamma, un amico del babbo, un amico povero che non aveva famiglia e soleva andare in quella casa due o tre volte l’anno a solennizzarvi le feste.
Tutti domandarono, appena entrati:
– E Felicino?
– Felicino è a letto – rispondeva la mamma. – Si è addormentato all’improvviso, mentre giocava. Ma a mezzanotte lo sveglieremo.
Poi si parlava d’altro. E allora chi disse che per le strade c’era una gran animazione; chi assicurò che dai pasticceri non si trovava più una pasta a pagarla a peso d’oro; chi si augurò che l’anno nuovo portasse lavoro e consolazione, dopo tante angustie e sofferenze.
In breve, la stanza ove tutti erano riuniti si riscaldò, si animò, diventò scintillante di luce, scoppiettante di brio, festosa.
Il padre e la madre di Felicino si dettero a preparare la tavola per la cena. Ecco tutta distesa una bella tovaglia candida, i tovaglioli piegati in quattro, i tondini coi bicchieri trasparenti. Poi collocarono davanti al nonno, perché a tempo opportuno la tagliasse e dividesse, una grande cassata color pisello, con tanti frutti canditi al centro e un ricamo di listarelle di cedro e confettini torno torno.
– E le bottiglie? – domandò il nonno. – Pronte, pronte…E ne portarono due, quattro, sei, sulla tavola apparecchiata. Erano delle bottiglie nere, col collo dorato, col sughero coperto da un cappuccio rosso.
Che ora è? – domandò la nonna con impazienza. – Mezzanotte meno un quarto…- No, meno dodici…
– O perché non svegliare Felicino? – Vuoi sapere la verità mamma? E’ meglio che dorma – disse la padrona di casa, come presa da una improvvisa determinazione. – Così non piglierà freddo e non mangerà dolci. I dolci sono un veleno, per quel bambino. La nonna non pronunziò parola, ma si vedeva dal viso che la decisione della figlia l’aveva un po’contrariata.
Giù nella strada, intanto, c’era movimento. Un vocìo , un parlottìo, un chiamarsi, un rispondere. Si aprivano le porte, le finestre, i balconi.
O per questo insolito rumore, o perché il sonno era già svanito, Felicino si svegliò. Vide attraverso i vetri, dal letto, i primi fuochi di gioia; una luce vivida, abbagliante: gialla, verde, rossa.
Allora comprese, saltò giù dal letto, si avvolse ben bene nella sua copertina, i piedini nudi, i capelli arruffati, e irruppe nella stanza da pranzo.
Lo accolsero i primi scoppi dello spumante, secchi come colpi di fucile. – Felicino! Felicino! gridarono tutti, a quell’apparizione. – Non sono Felicino. Sono l’anno nuovo, io! – Evviva l’anno nuovo! Evviva!
E accorsero tutti incontro al bambino, lo circondarono, lo sollevarono da terra, lo avvolsero meglio nella copertina, se lo passarono di braccia in braccia, baciandolo e solleticandolo.
Più felice fu la nonna, che lo ebbe in ultimo, e se lo tenne in grembo bene accoccolato, mentre tutti brindavano coi bicchieri in alto, e dalla strada venivano gli scoppi e i riverberi dei fuochi d’artificio, il chiasso della gente in allegria…”
(Michele Mastropaolo)
AUGURI DI BUON ANNO 2015!