
“Re Sole mandò per il mondo le principesse Primavera, Fiammetta, Giuniola, convenute al suo palazzo: “Sarà sposa di mio figlio Raggiodoro colei che mi recherà il dono migliore.”

Primavera, certa di vincere la prova, appena fu sulla terra sciolse i biondissimi riccioli: e l’aria s’inazzurrò, vennero a volo tutte le rondini, le rose fiorirono, ed essa ne fece una ghirlandella, quindi spiegò le ali verso il palazzo di Re Sole.

Fiammetta meditò un giorno e una notte, e decise di giocare un tiro ai nani del bosco che, da millenni, stillavano essenze misteriose in bocce e alambicchi. Entrò a sera inoltrata nella loro casina, prese un’ampolla colma di liquido vermiglio e, cammina cammina, giunse all’alba in un frutteto piantato a grandi alberi chiomati: fra la trina delle foglie si scorgevano migliaia e migliaia di pallotoline a ciocche per mezzo di piccioli. Fiammetta immerse le dita nell’ampolla, spruzzò ogni pianta con l’essenza misteriosa, e le pallotoline verdi si arrubinarono all’improvviso. Poi si nascose nella siepe di spino che cingeva il pometo e attese: ed ecco, da un cascinale giungevano voci, risatine, e poi apparivano pel sentiero uno, due, cinque bambini con i capelli arruffati, ma il volto rorido e gli occhi luminosi. – Le ciliegie! – Cominciano a maturare! – Son già mature! – Una bellezza! – Tesero le manine avide ai rami, li curvarono a sé, staccarono qua e là i frutti, con un pispiglio d’uccelli misto a voci trionfali per ogni ciocchetta più opulenta delle altre tolta all’albero; si impiastricciarono di succo le labbra, il mento, e risero a trilli con letizia piena. Fiammetta, quando i bimbi se ne furono andati, staccò un ramo carico di ciliegie e ritornò alla reggia di Re Sole.

Giuniola se ne andava per le vie del mondo quando, al limite di un campo, fu sorpresa da un vento d’uragano. Udì i contadini temere per il frumento ancora verde, e allora fermò con un gesto il turbine: – Re Vento, torna al tuo palazzo, te ne prego! – Che cosa mi dai se ritorno? – Un ricciolo d’oro. Re Vento si contentò e il grano dei campi fu salvo. Trascorsero i giorni e mai nel cielo appariva nuvola o cirro apportatore della pioggia ristoratrice; e Giuniola, sostando presso i casolari, sentì i lagni dei contadini: -Se continua così, senza una goccia di piova, il frumento non farà spiga e sarà miseria.
Allora Giuniola si mise a piangere per la pena di quel sospiro, e le sue lacrime si mutarono in pioggia tepida e buona, così che il grano poté far la spiga e imbiondire. Al tempo della messe, la principessa si vestì da contadinella per seguire i mietitori, aiutandoli a far covoni, e gettare le spighe nella trebbiatrice. poi accompagnò i ragazzi che portavano il grano al molino, intrise con le massaie le mani nella farina e nell’acqua per impastare il pane. Che profumo quando fu sfornato, e che gioia serena nei volti! Anche Giuniola ebbe il suo pane, ma non lo mangiò, pensando di recarlo a Re Sole.

Il sovrano della luce accolse le tre reginette e ammirò il serto di rose: avvicinò una corolla all’orecchio e vi sentì un gorgheggio d’usignolo. – Il tuo dono è veramente meraviglioso, o Primavera!. Tese la mano al ramo picchiettato di ciliegie mature che gli porgeva Fiammetta, se l’accostò all’orecchio e udì un trillo di bimbo, gioia eterna del mondo. – E’ cosa veramente deliziosa! . Prese il pane bruno che Giuniola gli porgeva in umiltà, se l’appoggiò alla guancia, ascoltando a lungo, quasi assorto; poi disse sfolgorando: – Scelgo te, Giuniola: sarai sposa a mio figlio; e tu, Raggiodoro, non potresti avere compagna migliore.

Il principe s’inchinò alla reginetta che, sorpresa, sgranava gli occhi glauchi; poi chiese al padre: – Che hai udito nel piccolo pane?. Re Sole rispose: – Una preghiera.” (Olga Visentini)

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